Curdi svenduti dall’Occidente e solidali condannati a Milano
Sei condanne e un’assoluzione per i fatti del corteo al Consolato turco di Milano del 26 ottobre 2019.
“Un prezzo doloroso, ma accettabile” così, senza vergogna, Federico Rampini ha definito qualche giorno fa durante un dibattito televisivo la svendita dei curdi a Erdogan in cambia del via libera all’accesso di Svezia e Finlandia nella NATO avvenuta durante il Vertice di Madrid.
Sono ormai lontanissimi i tempi in cui i media mainstream dipingevano i curdi come eroici combattenti nella loro disperata resistenza contro ISIS. L’epopea di Kobane sembra già dimenticata. L’Occidente ipocrita ha usato i curdi come fanteria contro lo Stato Islamico (non saremmo stupiti se tra qualche anno una cosa del genere capitasse agli ucraini) per poi barattarli senza neanche un “grazie” col despota turco. Giova ricordare che nello scontro contro Daesh i curdi hanno sacrificato circa 15.000 vite umane tra cui quella di Lorenzo “Orso” Orsetti caduto sul fronte di siriano durante la liberazione di Baghuz dal Califfato nero.
Erdogan, nel frattempo, alle prese con una situazione interna disastrosa con un’economia al collasso, si frega le mani pronto a lanciare una nuova grande offensiva contro i territori curdi tanto che qualche giorno fa le amministrazioni autonome hanno dichiarato lo stato di emergenza.
In questo stato di indifferenza e dimenticanza generalizzata, in questi mesi si è svolto a Milano il processo per il corteo a difesa del Rojava svoltosi a Milano il 26 ottobre 2019 terminato con l’assedio popolare alla sede diplomatica turca.
Ai sette imputati del procedimento venivano contestati alcuni reati della famigerata legge Reale sull’ordine pubblico del 1975 resa ancor più dura da un successivo intervento legislativo voluto dall’allora Ministro dell’Interno Salvini nel 2019.
Tra questi l’articolo 5 bis:
“…chiunque, nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l’incolumità delle persone razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas (…), ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”.
Qualche giorno fa è stata emessa la sentenza di primo grado con sei condanne a pene tra gli otto e i dieci mesi di reclusione e un’assoluzione.
Nella vergogna di cui si sta ricoprendo l’Occidente ipocrita e ignavo, una parte della nostra società rimane solidale con la causa curda e qualcuno come questi imputati paga sulla sua pelle questa vicinanza concreta.
* foto in copertina di Nicolas Seegatz
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