Il tempo in cui la saetta spezzava il cerchio
E’ uscito a giugno per Fandango a opera di Fabrizio C. Il cerchio e la saetta. Storie dai centri sociali romani. Un libro che sembra assumere ancora più valore a pochi giorni dallo sgombero del Leoncavallo. Già leggendo le prime pagine del libro si colgono importanti rimandi a Primo Moroni e all’importanza che per lui ricopriva la storia orale, specie per i movimento sociali. A chi scrive poi, è venuto subito alla mente il “mitico”
Il libro raccoglie una grande quantità di testimonianze di militanti del movimento dei centri sociali romani e ci accompagna in un viaggio che, partendo dagli anni Ottanta arriva a poco prima del tragico luglio genovese del 2001.
9 luglio 1983. In questo viaggio complesso e articolato emerge, e non è la prima volta, come per la ripresa del movimento autonomo in Italia, una data che di primo acchito non produce nessuna associazione immediata sia stata invece simbolicamente importantissima. Ed è proprio quella appena citata. Quel giorno infatti si tenne (o si tentò di tenere) un corteo contro il carcere speciale femminile di Voghera dove erano detenute decine e decine di prigioniere politiche dei gruppi della lotta armata. Un corteo ferocemente represso, ma che riuscì a rompere terribile muro della repressione innalzato dallo Stato negli anni precedenti rimettendo in circolo idee ed energie.

Titolo de “La Stampa” del 10 luglio 1983.
Altrettanto importante fu l’ormai misconosciuto e rimosso movimento degli studenti medi dell’autunno ’85.
Il vero anno di svolta a Roma, per l’autore, è il successivo 1986. Parte in quell’anno una nuova ondata di occupazioni: Hai visto Quinto, Blitz, Forte Prenestino, Black Out e poi Torre Maura. Per i nuovi spazi sociali che iniziano a sorgere nella seconda metà degli anni Ottanta è stata importante l’esperienza che arrivava dal Nordeuropa e dai movimenti giovanili della Svizzera. Non si trattava quindi, come da tradizione del movimento italiano, solo di occupazioni di sedi politiche con collettivi omogenei o di occupazioni abitative con famiglie, ma di altro. E non a caso si aprì un dibattito sulla centralità del politico sul culturale. Spazi, dove si cercava, come si diceva un tempo, la famosa ricomposizione di classe ormai frantumata dal capitale nei luoghi di lavoro. Prima di raccontarci queste occupazioni il libro fa però un suggestivo passo indietro nel tempo parlandoci delle occupazioni “mitiche” dell’era precedente tra le quali svetta, nella memoria di molti militanti romani, quella di via Calpurnio Fiamma, sgomberata la mattina dell’omicidio, ad opera dei NAR di Roberto Scialabba proprio a due passì da lì.
Sul senso delle occupazioni iniziate a metà degli anni Ottanta ci sembra significativa una citazione di Sergio Bianchi:
“Piuttosto che pensare di trasformare la società si pensava che da essa occorreva difendersi strappandole spazi interstiziali dove sperimentare relazioni non sottoposte ai vincoli della sua morale e delle sue leggi. L’importante era affermare un rifiuto, una sottrazione, come presupposto e requisito indispensabile alla sperimentazione di un’alterità esistenziale”
Un momento di alta conflittualità messo in campo da quella generazione di militanti fu dispiegato all’interno del movimento antinucleare organizzato nel Coordinamento Antinucleare Antimperialista con mobilitazioni diffuse contro le diverse centrali nucleari italiane come Caorso e Trino Vercellese e che ebbero l’apice con gli scontri a Montalto di Castro del 1986. E proprio del 1986 è il terribile incidente nucleare di Chernobyl, in Unione Sovietica, che servirà a dar la spinta alla vittoria nel referendum antinucleare dell’anno dopo (così come l’incidente di Fukushima contribuirà a una nuova vittoria a un nuovo referendum nel 2011).
Anche a Roma lo sgombero (e la resistenza) del Leoncavallo del 16 agosto 1989 a Milano vengono vissuti come un potentissimo passaggio simbolico.
Ci penserà poi l’imponente movimento universitario della Pantera del 1990 a socializzare nuovi militanti che avrebbero dato il via all’ondata di occupazioni dei primi anni Novanta. La Pantera, così come l’Onda del 2008, è stato un movimento sociale prontamente rimosso dalla coscienza collettiva del paese. Da un lato si è avuta la grande occasione mancata di dare rappresentazione strutturata alla nuova composizione sociale manifestatasi all’interno delle università in quel 1990. Dall’altra però va riconosciuto che i centri sociali furono uno dei pochi luoghi dove questo soggetto sociale trovo spazio.
I primi anni Novanta vengono caratterizzati da duri e continui scontri con i fascisti. In questo contesto non va dimenticata la tragica vicenda di Auro Bruni che perse la vita nell’incendio doloso del centro sociale Corto Circuito la notte del 19 maggio 1991. Nonostante le rivendicazioni neofasciste, gli organi inquirenti decisero di concentrare l’attenzione sugli occupanti dello spazio senza arrivare a nulla. L’omicidio di Auro, a 34 anni dai fatti, rimane senza colpevoli. Il momento più intenso dello scontro con la destra si ebbe con la campagna elettorale del 1993 per le comunali, in pieno collasso della Prima Repubblica. Un momento in cui il MSI guidato da Gianfranco Fini, candidato a sindaco della capitale, cercò per la prima volta di uscire dai suoi confini anticipando di 30 anni Fratelli d’Italia (fu la “discesa in campo” di Berlusconi a rompere in qualche modo le uova nel paniere alla destra e riempire il vuoto lasciato a destra dal crollo soprattutto della DC).

Titolo de “La Stampa” del 6 dicembre 1993.
Il libro prosegue delineando il ruolo fondamentale giocato da Radio Onda Rossa nei vari passaggi del movimento romano. Molto spazio è poi dedicato alla storia di San Lorenzo, luogo simbolo dell’antifascismo sin dai tempi della dittatura e del suo mutamento col tipico processo di trasformazione, inizialmente lenta e poi sempre più rapida, da quartiere popolare a quartiere gentrificato con l’arrivo sempre più in massa degli studenti fuorisede con conseguente esplodere, negli anni ’90, della vita notturna di massa. Una dinamica sperimentata anche a Milano con le radicali trasformazioni di storiche zone come Ticinese e Isola.
Dopo il vero e proprio boom di occupazione della prima metà del decennio, grandi temi di discussione, a Roma come a Milano, ma anche in altri luoghi sono stati:
-il ruolo della musica elettronica e dell’immaginari a essa connessi.
-il ruolo delle autoproduzioni e il rapporto con il mainstream.
-l’autoreddito.
Temi giganteschi, ai quali ognuno ha cercato di dare la risposta che credeva più giusta, ma che a trent’anni dalla loro elaborazione ci pare non abbiano mai definitivamente trovato la celebre quadratura del cerchio.
Una grande attenzione viene poi dedicata al tema importante e delicato della famosa Delibera 26 della Giunta Rutelli il cui titolo esteso recitava: “Regolamento per la regolarizzazione e l’assegnazione ad uso sociale, assistenziale, culturale, ricreativo, sportivo di spazi e strutture di proprietà comunale ascritti al patrimonio disponibile ed indisponibile”. Si tratta della vertenza collettiva per l’assegnazione da parte del Comune degli spazi comunali occupati alle collettività. Un percorso che ha, come naturale, ha creato dibattito e divisioni, ma che chi scrive qui da Milano invidia al movimento romano visto il fallimento dei vari tentativi milanesi di mettere in piedi qualcosa di simile negli anni con la conseguenza di affrontare il nodo degli sgomberi e degli spazi come singole battaglie autonome l’una slegata dall’altra con relative vittorie (poche) e sconfitte (molte), ma senza la capacità di costruire una strategia unitaria.
Il libro, un qualche modo, giunge quasi a conclusione con la battaglia contro lo sgombero della Torre dell’11 luglio 1995. Per Roma un momento simbolico di forza e unità pur nelle differenze in qualche modo simile al 10 settembre ’94 di Milano.
Per concludere ci piace citare la recensione del libro uscita su il Manifesto il 4 luglio 2025 a opera di Ginsandro Merli:
“L’auspicio, come dice nella postfazione un attivista del Quarticciolo ribelle, è che il racconto collettivo serva da stimolo per continuare a scrivere questa storia. Non solo sui libri”.
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