Global March to Gaza, una testimonianza della repressione da parte del Governo egiziano

La giornata del 13 giugno è stata caratterizzata del massiccio attacco scattato alle prime luci dell’alba da parte di Israele contro l’Iran. Un attacco che ha generato lo stato di guerra dichiarata tra i due paesi con le prime reazioni iraniane nella serata di ieri quando centinaia di missili sono stati lanciati contro il territorio israeliano. Nello stesso momento ci arriva dall’Egitto la testimonianza diretta della repressione messa in campo dal governo dispotico di al Sisi, sempre più vassallo di Netanyahu e soci, contro la marcia di solidarietà internazionale verso Gaza.

Nella notte tra l’11 e il 12 giugno siamo partiti per il Cairo, arrivando alle 5.30 del mattino. In aeroporto, abbiamo incontrato un gruppo di italiani lì con la stessa motivazione.
Ci hanno preso il passaporto, ci hanno fatto aspettare almeno un’ora in un angolo, quando poco prima la Polizia con i manganelli ha circondato un gruppo di altri occidentali e turchi che sono stati spintonati fuori dall’aeroporto e non sappiamo esattamente dove siano finiti. Dopo, ci hanno riconsegnato i passaporti e ci hanno detto che avremmo potuto entrare al Cairo. Gioiamo. Stolti.

A 5 metri dall’uscita, ci perquisiscono di nuovo, ci aprono gli zaini, ci requisiscono il passaporto un’altra volta e ci fanno stare in un angolo della stanza per ore. 10 ore sequestrati senza acqua (perché non ci facevano riempire le borracce), né cibo né la possibilità di andare in bagno liberamente.
Insieme a noi c’erano altre persone, tra cui alcuni spagnoli che nella notte mentre dormivano sono stati prelevati dal loro hotel e riportati in aeroporto. In alcuni momenti il clima si è fatta davvero critico, come quando hanno portato via a forza dei tunisini e sono volati colpi di manganello che hanno lasciato per terra un ragazzo con un colpo al collo (e che è rimasto per ore steso a terra senza ricevere assistenza medica). Scopriamo infatti che in una piccola stanzetta erano chiuse cinquanta persone di diverse nazionalità, alcuni da 24 ore. C’erano anche persone molto anziane a cui è stato negato il cibo per poter assumere delle medicine. Nel pomeriggio, interviene il Console italiano al Cairo Novellino che dopo parecchie trattative riesce a farci uscire CON IL PASSAPORTO. Ma è stato chiaro: “Non provocate ulteriormente le Forze dell’Ordine perché non avrete lo stesso trattamento “gentile” una seconda volta”.
Non ci aspettavamo un trattamento così duro dal momento che il governo egiziano aveva mostrato vicinanza alla nostra causa e condannato le azioni di Israele; tuttavia, nella notte tra l’11 e il 12, lo stesso governo di al Sisi ha ricevuto chiare direttive da Israele: “Nessuno dovrà marciare su Rafah!”.

Usciamo, arriviamo negli appartamenti che erano stati riservati. E attendiamo direttive. La giornata del 12 è stata stancante, dopo una notte in bianco in aereo e il trattamento in aeroporto i nervi di tutti erano a fior di pelle. Io sono iscritta alla lista piemontese, ma alla fine finisco nel gruppo lombardo.
La delegazione italiana è tutta sparpagliata, siamo tutti divisi. Cerchiamo comunque di riorganizzarci in riunione con gli altri fino alle 2 di notte. La Global March ci fa sapere che per le 10 di stamattina sarebbero arrivate direttive a livello globale.
Oggi (il 13 giugno, ndr) il clima è teso e molto confuso. La Polizia presidia l’uscita del nostro palazzo, salgono a fotografare il passaporto di ognuno di noi. Se usciamo dal palazzo, siamo controllati a vista da agenti in borghese e seguiti.
Come Global March To Gaza, ci ritroviamo a vivere un conflitto d’intenti tra il grande desiderio di sostenere la causa palestinese e allo stesso tempo di rispettare la legge egiziana e di tutelare la nostra sicurezza e gli accordi firmati personalmente nel momento in cui abbiamo aderito al movimento.

Molte delegazioni oggi pomeriggio si sono avviate verso la città di Ismailia per un presidio generale, ma da quello che sappiamo molti sono stati bloccati e trattenuti ai vari check point lungo la strada e PRIVATI DEI PASSAPORTI. Coloro che invece sono riusciti ad arrivare a Ismailia sono circondati dalle Forze dell’Ordine.
Nonostante l’incertezza, le indicazioni dei nostri rappresentanti italiani però sono chiari: per ora gli italiani hanno deciso di non partecipare al presidio di Ismailia, preferendo attendere direttive chiare dalla delegazione Italia. In attesa di ulteriori sviluppi, noi rimaniamo al Cairo.
Con la Global March to Gaza non raggiungeremo Rafah, certo. Però stiamo impiegando tutte le nostre energie fisiche, economiche, emotive e mentali per poter portare avanti l’obiettivo che ci ha condotti fino qua: l’amore per la Vita, il rispetto dell’umanità.

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