10 settembre 1994, gli scontri al corteo dell’opposizione sociale a Milano

“La Poliza…la Polizia…la Polizia sta retrocedendo!”. Chi, tra tutti coloro che hanno fatto politica di movimento negli ultimi 30 anni a Milano, non si è esaltato almeno una volta con la celebre diretta radio del momento in cui il corteo dell’opposizione sociale del 10 settembre ’94 sfonda lo schieramento di Polizia in via Turati procedendo a passo di carica verso largo Donegani e il Consolato americano? Difficile raccontare ai giovanissimi e giovanissime d’oggi cosa a significato il centro sociale Leoncavallo per diverse generazioni di militanti nella nostra città e non solo soprattutto tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta. Un vero e proprio “mito” capace di produrre un fortissimo senso di identità e spingere alla militanza moltissime persone.

Oggi cade il trentesimo anniversario di quel celebre corteo che portò a sfilare per le vie della metropoli circa 20.000 persone e terminò con durissimi scontri con le Forze dell’Ordine in centro.

Per capire il senso e le motivazioni che portarono a quella giornata di lotta rimasta negli annali delle cronache del movimento italiano e non solo bisogna fare però diversi passi indietro.

A metà anni Ottanta, appena qualche spiraglio si apre nella terrificante e mortifera coltre fatta da repressione, eroina e riflusso che ha segnato la città dalla fine del decennio precedente una nuova generazione fa irruzione sulla scena della militanza autonoma incontrando chi ha avuto la forza e il coraggio di tenere accesa la candela nelle tenebre degli anni precedenti.  I primi frutti di questo fervido incontro iniziano a vedersi già negli anni successivi quando riparte un ciclo di occupazioni in città. Sono occupazioni che hanno vita brevissima, ma permettono a moltissimi giovani di sperimentarsi nelle pratiche dell’autogestione mostrando loro che esiste un “modello altro” nei terribili anni della “Milano da bere” craxiana.

Il punto di svolta si ha nel 1989. Quell’anno, il 16 agosto (di cui per ironia del destino cadeva meno di un mese fa il trentacinquesimo anniversario)  avviene lo sgombero di via Leoncavallo 22. Lo sgombero però non passa sotto silenzio perché gli occupanti e le occupanti mettono in campo una durissima resistenza che porterà a 26 arresti e 55 denunce. I fatti del 16 agosto sono un vero e proprio vettore che invece che porre la parola fine all’esperienza del Leo moltiplica le forze e i numeri. Tanto è vero che la sera stessa dello sgombero le macerie del centro sociale del Casoretto, illegalmente abbattuto dopo lo sgombero, vengono rioccupate e il Leo sarà ricostruito. Va inoltre ricordato che, sempre nel 1989, viene sgomberato e successivamente rioccupato un altro dei luoghi simbolo della Milano antagonista: Conchetta sede della mitica libreria Calusca di Primo Moroni. A settembre si tiene in città l’incontro nazionale “Contro i padroni della città” che si concluderà con un grosso corteo. Quel convegno sarà l’incubatore che nel giro di pochi anni porterà a decine e decine di occupazioni su tutto il territorio nazionale con la nascita del “movimento dei centri sociali”.

Nei primissimi anni Novanta si assiste al crollo del sistema dei partiti che aveva retto la Prima Repubblica. Il PSI di Craxi, a Milano, viene spazzato via da Tangentopoli.  Alle elezioni comunali del 1993 trionfa la Lega con il 40,9% dei voti. Lega che riesce a piazzare come Sindaco il suo candidato Marco Formentini che come punto saliente della campagna elettorale aveva proprio lo sgombero del Leoncavallo. Giova ricordare che, in quella strana tornata elettorale il secondo partito in città era Rifondazione Comunista con l’11% dei voti mentre solo terzo era arrivato il PDS (progenitore dell’attuale PD) con quasi il 9%.

Il Leoncavallo diventa terreno di scontro frontale in città e, nei fatti, il centro sociale, ma in generale il movimento, rappresenta, per un periodo non breve l’unica vera opposizione al leghismo a Milano. Dopo un fase molto tesa caratterizzata da continui cortei in città e da un’incerta trattativa il Leo viene definitivamente sgomberato dalla sua sede storica la fredda mattina del 20 gennaio 1994. Chi non ha vissuto quella storia non può comprendere a pieno la ferita rappresentata per molti dallo sgombero di via Leoncavallo 22 a poche decine di metri da dove, il 18 marzo 1978, killer senza volto avevano ucciso i due giovanissimi militanti del centro sociale Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci.

A quello sgombero segue la momentanea assegnazione agli occupanti da parte della Prefettura dello stabile in via Salomone 71 a poche decine di metri da dove verrà scoperto il famigerato autoparco della mafia, in un quartiere difficilissimo. La momentanea tregua salta il 27 marzo 1994 quando Berlusconi e con lui Bossi e Fini vincono le elezioni politica costituendo un governo di destra. L’immediata conseguenza è il proditorio sgombero del 9 agosto. A quel punto, il Leoncavallo lancia la manifestazione nazionale del 10 settembre e si sottopone a un agosto di peregrinazioni in città sottoposto a continui divieti e prepotenze da parte delle Forze dell’Ordine.

L’8 settembre viene occupata la sede di via Watteau. Un primo tentativo di sgombero immediato supportato anche da un blindato viene sventato dai militanti salendo sui tetti. Nel frattempo avvengono blocchi stradali in giro per la città. Il diluvio obbliga la Polizia ad addivenire a più miti consigli. Il Reparto Mobile si ritira, la tensione è altissima e la resa dei conti solo rimandata.

Il corteo di sabato 10 settembre si concentra in porta Venezia. La Questura contesta la presenza in testa del servizio d’ordine fornito di tute bianche rallentando la partenza. Nel frattempo la piazza si gonfia. La manifestazione, che nelle intenzioni degli organizzatori doveva raggiungere piazza Duomo è stata autorizzata solo fino a piazza Cavour. Di fatto, metà del percorso previsto viene vietato. Il corteo raggiunge corso di Porta Vittoria e la sostanziale blindatura della città appare sempre più evidente. Si prosegue per la circonvallazione interna raggiungendo piazza Cavour. Qui il corteo raggiunge la sua massima consistenza: circa 20.000 persone. La piazza è sostanzialmente chiusa su tutti i lati. Con gli schieramenti più grossi a impedire l’accesso a via Manzoni che porterebbe in Duomo e quello a via Fatebenefratelli che porta alla Questura. Anche le altre vie però sono presidiate. La manifestazione è accerchiata in una piazza non sufficiente a contenere tutti i manifestanti.

La pressione diventa insostenibile e mesi di vessazioni, divieti e denunce esplodono in modo rabbioso e liberatorio travolgendo un reparto di Polizia presente in via Turati. Il corteo, a quel punto, inizia a scorrere verso Repubblica con scontri davanti al Consolato USA. Da piazza Cavour le Forze dell’Ordine effettuano una pesantissima carica sulla coda del corteo iniziando a inseguirlo verso Repubblica. Qui avvengono fermi e pestaggi di manifestanti isolati e anche di giornalisti.

Il corteo, molto diminuito nei numeri, viene inseguito fino a Stazione Centrale e tallonato fino a Greco dove le circa 2.000 persone rimaste in piazza si barricano all’interno di via Watteau. La Questura mette in stato d’assedio l’intero quartiere per diverse ore, ma alla fine deve alzare bandiera bianca.

 

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