Expo2015: non era progresso, era un saccheggio

Dieci anni fa Milano ha celebrato il proprio ingresso nell’élite delle metropoli mondiali. Lo ha fatto mettendo in scena uno spettacolo orribile, vecchio e pieno di cliché che hanno condannato la città, e l’Italia, a diventare parco giochi a tema per turisti e fondi speculativi. Questo spettacolino internazionalmente conosciuto come Expo, altro non era che la riedizione di una tipica fiera campionaria dopata da spropositati investimenti immobiliari dei soliti noti. Una ipervitaminica sagra del cibo costata la bellezza di 2.4 miliardi di soldi pubblici e che ha lasciato in macerie la città che conoscevamo.

Una messa in scena della distruzione del tessuto urbano e sociale della nostra città cominciata da lontano. In una quindicina di anni, da un’operosa cittadina nella provincia dell’Impero siamo stati catapultati in una metropoli globalizzata dallo sviluppo urbanistico completamente fuori controllo. Ti svegli una mattina e non riconosci più lo skyline dalla sera prima. Scendi di casa e ti spunta un grattacielo o uno di quegli orribili giganteschi cubi di vetro e cemento grigio che qualche architetto ha pure il coraggio di chiamare edilizia residenziale. Giri l’angolo in cerca del prestinaio di fiducia e al suo posto trovi un’altra catena di hamburger vegani, il coffee bar americano o l’ennesima enoteca di vini naturali. Che spariranno nel giro di tre mesi, peraltro.

Questo gioco voluto da chi governava città e paese, senza distinzioni tra destra e sinistra, ha regalato ogni metro quadrato disponibile a fondi immobiliari di ogni provenienza a loro esclusivo vantaggio, grazie a oneri di urbanizzazione tra i più bassi d’Europa: va bene che per attrarre capitali devi venderti bene, ma è sicuramente meglio regalarti.

Anche perché nel frattempo Milano è già un’altra città: un ghetto per ricchi che espelle poveri e ceto medio in favore di utilizzatori e non cittadini. Questa è la mobilità sociale concepita da Sala e i vertici del Partito Democratico milanese (Maran docet).

Dunque c’era più di un motivo per opporsi a tutto questo. E, infatti, per anni, mentre si progettava lo spettacolino, una minoranza di volenterosi ha messo in piedi una accurata, chirurgica e ben documentata contronarrazione alle “magnifiche sorti e progressive” decantate da Expo. Ne ha svelato l’inganno, gli intrecci malati tra politica e mattone, la devastazione del territorio, la corruzione (Grazie al preziosissimo lavoro di offtopiclab.org!).

Di questa minoranza ne facevamo parte e possiamo dire serenamente che avevamo ragione. Ma, di fronte allo scenario attuale, è qualcosa che non ci consola affatto.

Il governo della città ci sbatte in faccia la totale inutilità delle istituzioni democratiche. I Municipi non contano niente e la giunta è totalmente prona ai grandi interessi capitalisti. Con buona pace dei processi di partecipazione popolare, tutto quello che si decide sulla città passa sopra la nostra testa e non c’è modo di provare, non dico a interrompere, ma quantomeno a regolamentare questo saccheggio del territorio. Vedi alla voce “Salva Milano”.

Quindi, a riguardare le immagini della grande manifestazione NoExpo del 1 Maggio 2015, quelle banche vandalizzate, quelle macchine bruciate, tutta l’opera di “riarredo urbano” agita da una frizzante componente del movimento, fanno quasi sorridere. Al netto delle letture politiche posteriori sul valore di quella giornata, probabilmente il lungo silenzio a cui è stato condannato ogni movimento di opposizione da quella data in avanti non è dipeso solo dall’esito del corteo.

Adesso il giocattolino Milano sembra essersi rotto. Ma l’uscita da ‘sta melma non sarà quella che i movimenti si aspettavano. Dieci anni di gozzovigliamenti del capitale ci hanno consegnato una città inaridita, prosciugata di gran parte delle forze vitali che ne avevano creato la fortuna. Resta una cittadina terrorizzata da “maranza” allo sbaraglio, come racconta l’oscena cronaca mainstream di questi giorni. I quali turbano l’ordine sociale per il fatto di inseguire quegli stessi sogni di ricchezza spacciati da manager e cityuser cocainomani.

Perché, al contrario delle favolette dei liberali, dall’alto non gocciola ricchezza ma percola solamente il liquame tossico di una società di merda.

 

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Una risposta a “Expo2015: non era progresso, era un saccheggio”

  1. Giulia A. ha detto:

    Grazie, io da Milano dopo questi vent’anni (arrivavo da Roma nel 2004 per studiare e lavorare) sto scappando a gambe levate, non ce la faccio più a viverci.
    Vi segnalo che la letteratura (quella vera, ovvero quella che sta ai margini: la fantascienza) si è pure occupata molto bene di questo problema, proprio raginando su Milano: https://www.fantascienza.com/30426/il-protocollo-scilla
    Ciao e grazie.

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