Palazzinari bastardi
L’inchiesta della Procura milanese mette in luce un sistema che le realtà sociali del territorio da anni combattono e che ha portato alla trasformazione di interi quartieri popolari in enclave per ricchi e per turisti, spingendo fuori dalla città le persone con redditi più bassi
Milano è letteralmente incandescente. Le temperature percepite dai suoi abitanti sono elevatissime, soprattutto dove le colate di cemento hanno sfigurato diversi angoli della città. Sì, perché da più di 10 anni molte piazze sono state spianate, sono comparsi nuovi palazzi, diversi quartieri hanno cambiato volto; col risultato che, di fatto, spostarsi a Milano significa fare uno slalom tra i cantieri edili, significa rimanere imbottigliato nel traffico di strade deviate o, nel peggiore dei casi, rischiare di essere investiti da un mezzo di lavoro, come betoniere o tir che si spostano per la piccola città.
L’inchiesta ha portato a sei richieste di misure restrittive: domiciliari per alcuni dirigenti pubblici e immobiliaristi “di grido” (tra cui l’assessore Giancarlo Tancredi e il CEO di Coima, Manfredi Catella), e carcere per altri (come l’architetto Giuseppe Marinoni e altre figure legate alla Commissione Paesaggio).
Sono comunque di più le denunce e i processi hanno colpito i movimenti che hanno denunciato più volte questo sistema, anticipando i tribunali di almeno 15 anni, prendendo di mira non solo Expo2015 ma la distruzione di aree verdi, la privatizzazione di luoghi pubblici, le problematiche legate agli affitti brevi e molto altro, fino ad arrivare alle Olimpiadi Milano-Cortina 2026.
Questa inchiesta ufficializza le intuizioni che le realtà sociali milanesi hanno trasformato in azioni concrete di lotta negli anni e che oggi confermano che lo scandalo urbanistico a Milano ha aggravato il problema degli affitti insostenibili, contribuendo al peggioramento della qualità e dei costi della vita e marginalizzando le famiglie normali. Se qualcuno qui si chiede che cosa sia la normalità familiare, meglio precisare che si sta parlando di condizioni economiche, quindi di nuclei (o anche singoli soggetti) che per pagarsi le spese di vita si basano solo ed esclusivamente sulle proprie forze. Con lo stipendio, quei pochi sussidi e qualche lavoretto in nero, come si possono pagare 1.400 euro per un monolocale (o 400 euro per un posto letto, o 800 euro per una stanza) riuscendo anche a coprire altri bisogni?
Gli immobili nuovi o riqualificati sono stati immessi sul mercato a canoni da lusso, anche nei quartieri popolari, creando un effetto che ai più attenti crea quasi fastidio agli occhi. Come al quartiere oggi rinominato NoLo, ma che in realtà è zona Loreto, dove hanno talmente tanto voluto cambiargli la facciata, che anche cambiargli il nome è risultato utile per aumentare esponenzialmente i prezzi delle case. Ed ecco che dopo una decina di anni, un quartiere popolare caloroso, pieno di gente e storico di Milano è stato reso asettico, ridotto a freddi annunci online in stile «100 euro per una notte nel cuore di NoLo – North of Loreto». Che schifo!
Farsi carico di un problema di vitale importanza vuol dire anche assumersi la responsabilità di aver agito per il benessere di pochi, non solo per quanto riguarda le scelte dirette che hanno portato a questo sistema di corruzione intorno al tema dell’edilizia nella città, mia anche e soprattutto perché qualsiasi sforzo di cambiare il volto di Milano è finalizzato a un imbellettamento che ha il solo scopo di mostrarla come una metropoli che non è.
Che cosa è Milano non lo può sapere chi usa questa città per grandi guadagni personali, ma chi in questo luogo attraversa gli anfratti più controversi, chi conosce le strade e si accorge del loro stravolgimento, chi nel proprio quartiere si accorge che aumentano gli sfratti e gli sgomberi; che cos’è Milano non lo sanno i broker, i grandi imprenditori, non lo sa neanche il sindaco che ha più cura della sua immagine che dell’epidemia di legionella nel quartiere a Crescenzago (dove, tra l’altro, si possono trovare due esempi dell’attenzione speculativa che ha ricevuto il quartiere).
Che cos’è Milano lo sa chi la vive tutti i giorni, anche quando è luglio, si scioglie l’asfalto e le piscine comunali sono quasi tutte chiuse e lasciate marcire. E l’unica cosa positiva di un’altra estate in città è che c’è meno gente, meno traffico, più silenzio.
Articolo di MilanoInMovimento per Dinamopress
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